Category Archives: Review

to found – vital weekly 1221

a4224975206_10Corrado Altieri and Gianluca Favaron deliver with ‘To Found’ their third album, following ‘The System Of Objects’ (Vital Weekly 904) and ‘Decomposed days’ (Vital Weekly 945). Altieri is responsible for ‘electronics, tapes and programming’ while Favaron plays computer and percussion. The two men have quite a history when it comes to experimental music in all its various incarnations, ambient mostly, but also noise-based and in their duo work they add the element of rhythm. It is difficult to say something about the way they work. It could work either way; either this is all improvised and only comes to us via editing the best bits and pieces, or they sit down and meticulously compose this. Somehow I tend to think it is the first. The pieces they edit together are short and to the point, like the whole album is, being thirty-two minutes long. The lessons learned from Pan Sonic are used quite well in these eight pieces. The bass sound is a strong presence, stomping occasionally away like on a techno record. Yet this does not result in dance music. Whatever else Favaron and Altieri add to the mix are noises, crumbled radio waves, sine waves, feedback, field recordings and highly obscured sounds, all of which is working quite well. By keeping these pieces between three and five minutes and in which there is quite a bit happening, they make sure there is quite a bit of energy in the music, not the least thanks to those rhythms that they slipped in. I think this is their best album together so far.

variations – vital weekly 1123

COVERIt’s not often we see Arnold Schönberg quoted on a cover, so it’s nice to repeat it: “even variation is a form of repetition”. Gianluca Favaron is someone who has been around for quite some time with his solo work, as well as in groups as Under The Snow, Zbeen and Ab’she. On this new solo CD, which isreleased in an edition of 100 copies with an individual image stuck on the sleeve, he plays a variety of instruments, such tape recorders, analogue synth, objects, guitar, field recordings, contact microphones, hydrophones, cartridge and effects and recorded the music from April to December last year.

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variations – ondarock

COVERSe mai vi capiterà di parlare con Gianluca Favaron, vi accorgerete che tende quasi sempre a dissimulare i propri referenti culturali, citando molto più spesso le vecchie glorie dell’era post-punk e industrial rispetto ai pionieri della musica elettronica del Novecento. Allo stesso modo credo che sarebbe capace di liquidare le sue creazioni come stratificazioni e assemblaggi di rumori eterogenei, pure e semplici manipolazioni di sorgenti sonore usa-e-getta il cui significato è affidato unicamente all’ascoltatore.

Ma foss’anche in parte vero per i progetti più astratti e viscerali – “Zolfo” con Anacleto Vitolo, qui al mastering, e il recente ritorno del duo Zbeen – che pure si addentrano in profondità espressive inaspettate, nei caotici cut-up da solista la ricerca di Favaron non manca mai di rivelare un sostrato di presenze e richiami immaginifici, un maelstrom che sembra affondare le radici nei tormentati incubi letterari del secolo breve – ipoteticamente tra la Beat allucinata di Burroughs e il grottesco postmodernismo di Ballard.

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blank spaces – sodapop

Era in qualche modo naturale che Gianluca Favaron (Under The Snow e vari altri progetti e collaborazioni) e Luce Sia si incontrassero, uno degli artisti italiani più prolifici e interessanti con una delle etichette più attive nel documentare a 360° la musica altra del nostro paese (pur risiedendo in Svizzera). È una marcatura geografica che serve semplicemente a circoscrivere l’area di ricerca ma non intacca la qualità del catalogo che resta d’alto livello, come dimostra questo lavoro che sembra trarre la propria ispirazione oltralpe, anche se in ambito non musicale. Le composizioni che occupano i due lati di questa cassetta – Roquentin e Meursault – prendono il nome dai protagonisti rispettivamente de La Nausea di Jean-Paul Sarte e Lo Straniero di Albert Camus ma è una sottolineatura quasi superflua perché quello che si ascolta nella mezz’ora di durata del nastro dà chiaramente voce a una certa filosofia. Lo so, parlare di esistenzialismo porta alla mente le peggiori pose e maledettismi da quattro soldi, ma non è assolutamente questo il caso. Utilizzando oggetti sonorizzati, microfoni, nastri, effetti analogici e digitali Favaron assembla un ambient fatto di movimenti lenti e denso di concretismi, brulichii sommessi, qualche spigolo: è il suono dell’isolamento inteso come condizione esistenziale, cercato e trovato. Potrà risultare ostico perché poco “musicale” ma in Blanck Spaces non troverete traccia di scontrosità o nichilismo a buon mercato così com’è del tutto assente ogni malinconia. È invece moderna musica (sì, musica!) intimista dotata di un equilibrio invidiabile che va oltre il semplice fattore sonoro, come fosse il punto d’arrivo di un’impegnativa e profonda riflessione. Merce rara, insomma. [Emiliano Zanotti]

blank spaces – rosa selvaggia

Finalmente anche Gianluca Favaron va al cospetto di Nebo e Sacha di Luce Sia, tappa obbligatoria per i progetti italiani più titolati di musica elettronica, ma dove trovano spazio anche piacevoli scoperte.
Il lavoro è nel segno della musica astratta e sperimentale con due lunghe suite di sedici minuti esatti l’una ad occupare ciascuna un lato della cassetta.
E’ un album isolazionista e minimale, di non facile ascolto per chi non è avvezzo a certe sonorità, ma che come sempre soddisferà gli appassionati del genere. Gli autori letterari di riferimento, più o meno manifesti sono Camus e Sartre, essendo le due tracce a nome dei due protagonisti dei rispettivi romanzi “Lo straniero” e “La nausea”: in entrambe le opere aleggiano un male di vivere patologico ed inesorabile, un esistenzialismo ed un nichilismo assoluti che perfettamente ritornano nelle trame sonore di Gianluca, lunghe e dolorose che non chiedono niente, non insegnano niente e non lasciano niente, ma colmano per trentadue minuti il vuoto dell’esistenza di ognuno di noi.

blank spaces – darkroom magazine

La sperimentazione estrema di Gianluca Favaron si confronta con due personaggi letterari chiave del secondo Novecento: Roquentin e Meursault, segnatamente protagonisti de “La Nausea” di Sartre e di “Lo Straniero” di Camus, nonché titoli delle due tracce di questo nastro. Attraverso una decostruzione, frammentazione e concretizzazione tonale, l’autore scava dentro menti avvolte da mistero e morte rivivendone le vicende, filtrate da uno stile unidirezionale in cui il rumore diventa mezzo per interpretare situazioni evitando qualsiasi facile intrattenimento di stampo post-industriale. Continue reading

blank spaces – a closer listen

Gianluca Favaron has recorded some of our favorite drone albums. This makes us look forward to every release, but it also raises the bar. Would the artist continue to impress with his latest tape? Absolutely. Our only concern is that the title implies that the artist doesn’t want to be happy. So we’re a little worried ~ perhaps we should lie and say that we don’t like his music? We can’t; it’s just not in our DNA.

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blank spaces – vital weekly 1077

‘Hey, buddy, what’s up? Why so gloomy?” I would like to ask Favaron for this somewhat depressing title. But then, here right now, sun is shining and mild spring weather is all around. Maybe that was not the case when Favaron created the music or titled the music?
There are two pieces of music on this cassette, ‘Roquentin’ and ‘Meursault’, for which I have no idea who or what they are.
Favaron takes the by now usual credit for ‘objects, mics, tapes, synth, analogue and digital effects’ and does what he does best, I guess, which creating some very fine modern day musique concrete. As I wrote before, I have no idea how Favaron works, and this new tape doesn’t shed any more light than it did before. My best guess is, still, that he uses multiple sound sources, maybe hand manipulated or previously recorded on reel-to-reel machines, cassettes or Dictaphone and they all go into the mixer, with some sound effects connected and Favaron creating a mix on the spot; perhaps that is all the wrong assumption, and he works meticulously on multi-layering his sound sources, but that’s not how this sounds. Noise is something that he’s not afraid off, leaping into mild-distortion from time to time and sustaining sounds are connected through feedback, also occasionally; maybe there is a no-input mixer in play also. As before I like this, and think it would be great to put this in a four track machine and fiddle around with random mixes; it’s a pity that the machine I had died recently, so that is no longer a possibility.
This is another very consistent work for Favaron. (FdW)

blank spaces – sowhat

Scavare nell’oscuro universo di un animo tormentato alla ricerca dei moti convulsi ed inarrestabili che ne generano il profondo malessere. Si ispira a due emblematiche e tormentate figure della letteratura francese del novecento Gianluca Favaron per plasmare questa sua personale immersione nei meandri dell’inquietudine umana, un mal di vivere che non cessa di essere attuale. Due tracce di medesima durata che occupano ognuna  un lato del nastro, ciascuna mutuando il titolo dal nome del protagonista dei romanzi in questione.

Entrambi i capitoli sono costruiti attraverso un complesso intreccio di suoni concreti e modulazioni sintetiche che si susseguono in granulose e abrasive stratificazioni cariche di tensione.  Disturbanti e penetranti spirali di distorte frequenze in crescendo si alternano a crepitanti esplosioni di rumorose schegge che sembrano rimbalzare violentemente contro pareti impenetrabili. Le tessiture di Favaron non delineano delle forme, non descrivono il contenitore ma esplorano la drammatica dinamicità del contenuto attraverso un caleidoscopico turbine di frammenti  riverberanti.

Non c’è spazio per derive melodiche, qui tutto si svolge all’insegna di una cruda e tangibile visceralità che traduce in suono la plumbea irrequietezza raccontata da Camus e Sartre. È materia pulsante quella che si riversa da “Meursault” e “Roquentin”, densa linfa che conduce attraverso paesaggi emozionali di non facile fruizione ma di grande enfasi.